Partenariato orientale: successo o fallimento?

Docente: Cristoforo Simonetta – Università di Firenze, Scuola di Scienze Politiche

La lezione intende focalizzare l’attenzione sui rapporti tra Unione Europea e i paesi periferici dell’Europa Orientale a confine con la Russia ( Armenia, Azerbaijan,Bielorussia, Georgia, Moldova, Ucraina). Nel 2008 l’Unione ha lanciato il cosiddetto partenariato orientale con l’obiettivo principale di garantire un’area regionale di benessere e stabilità in linea con i principi del PEV (Politica di Vicinato Europeo). Fin dall’inizio la cooperazione si è dimostrata complessa non solo per il differente livello economico, ma anche per il differente livello di libertà politica. Il principale ostacolo però del Partenariato orientale è l’opposizione dell’altro attore chiave dell’area: La Russia, che considera questo progetto una minaccia alla sua stessa sovranità. Nello stesso periodo il governo russo, per rilanciare il suo ruolo di principale forza regionale, propone una nuova organizzazione che  sostituisca la vecchia CSI ormai inefficiente ed inefficace: l’Unione Euroasiatica. Uno dei pilastri dell’Euroasiatismo è la ricostituzione dell’ “impero” Russo nello spazio ex sovietico e questo viene considerato possibile tramite la nascente Unione Eurosiatica. Di conseguenza la Russia inizia a minacciare i paesi dell’area. Il fulcro di questa crisi è l’Ucraina dove ormai è in corso una guerra civile tra pro-UE e pro-Mosca. La guerra in Ucraina, ha posto quesiti sull’efficacia della politica dell’UE nella regione e se il partenariato orientale non sia stato troppo ambizioso. Anche se alcune critiche rivolte verso l’Europa sono corrette, come la mancanza di una autentica politica estera comunitaria, possiamo affermare che il Partenariato Orientale, più che troppo ambizioso, è stato vittima del suo successo, provocando una polarizzazione nelle società di questa regione a confine tra UE e Russia.